Quello che stupisce, dello spettacolo a cui l’Europa ha assistito in occasione del referendum catalano, non sono i fatti di per sé. Le minacce arrivate da Madrid nei giorni precedenti al voto erano state esplicite; era prevedibile che il governo centrale avrebbe fatto di tutto per mantenere il controllo sulla sua regione più ricca.
La cosa davvero inquietante di quanto accaduto domenica scorsa è la reazione dell’opinione pubblica europea. Dal silenzio dell’Unione – che non perde occasione di scoprire il suo volto illiberale – alle condanne così tiepide da suonare come assoluzioni: certo, la violenza va sempre condannata, ma il referendum è illegale…
Cosa rappresenta, in questo caso, la legalità? Qual è il fondamento etico di una legge che nega ad un popolo di scegliere pacificamente il proprio futuro? Perché la Costituzione spagnola dovrebbe avere autorità su una regione che non si considera più parte della Spagna?
É sempre Locke contro Hobbes. Ma in questa epoca di relativismo non può che prendere il sopravvento la rassicurante convinzione che un dio mortale, in cambio del massimo controllo sulle nostre vite, possa prendersi cura della nostra sicurezza e del nostro benessere. Così, non appena una scintilla di libertà interviene a turbare questo ordine, il culto del dio Stato – trovando nelle costituzioni il proprio testo sacro – degenera nell’uso indiscriminato della violenza sugli stessi individui che promette di proteggere. Ciò che è giusto in quanto morale viene schiacciato da ciò che “giusto” in quanto legale. Il rispetto della legge – quella stessa legge che ha permesso schiavitù, genocidi e discriminazioni – si sostituisce alla ricerca della giustizia. Meraviglie del pensiero postmoderno.
Poche ore dopo quanto successo in Catalogna, gli Stati Uniti assistevano alla più sanguinosa sparatoria della loro storia recente: un cittadino americano di 64 anni ha aperto il fuoco su una folla a Las Vegas, uccidendo 59 persone e ferendone 515.
Puntuale la presa di posizione del Partito Democratico, come sempre spalleggiato da media e intellettuali nelle sue campagne liberticide: la responsabilità dell’attentato è da attribuire – come al solito – all’NRA, alle armi. Ancora una volta si ignorano i problemi reali, quali l’aumento del numero di persone con disturbi psichici a piede libero negli Stati Uniti a seguito della deistituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici nel secolo scorso; non si approfondisce il legame tra circolazione delle armi e sicurezza.
Troppo ghiotta l’occasione per mettere le mani su un altro diritto fondamentale degli individui: l’autodifesa. Quel che conta davvero è convincere i cittadini a cedere un altro pezzetto di libertà, così che il Leviatano benevolo possa fare un passo avanti. Prima la sicurezza, poi magari la sanità. Finché ogni aspetto della vita delle persone non sarà diventato monopolio statale.
“If we lose freedom here, there’s no place to escape to. This is the last stand on earth”. Queste parole, pronunciate da Reagan nel 1964, sono ancora attuali nella misura in cui il diritto naturale degli individui a sollevare le armi contro uno stato tirannico viene messo in pericolo dalla strumentalizzazione della paura.
Perché come la Catalogna ci ha mostrato, non sempre è lo Stato a proteggere il cittadino. Spesso, è il cittadino a doversi proteggere dallo Stato.
V.Pellegrino
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