di Filippo Camerada e Stefano Visconti.
L’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, dal 1898[1] ad oggi, non s’era mai trovato ad affrontare un’epidemia di questo genere. Questo lo capiamo.
Fatichiamo però a comprendere come sia stata possibile una débâcle informatica di questo livello.
I fatti sono noti: alle nove del mattino del 1° aprile la piattaforma - atta a ricevere le domande dei lavoratori autonomi per il bonus legato all’emergenza – va in panne. Prima, nella notte, essa aveva permesso a circa trecentomila persone di inviare le proprie domande.
Un numero certamente considerevole, ma ben lontano dalla platea di possibili aventi diritto, stimata in cinque milioni di unità. Trecentomila, dunque, poi il buio.
Del resto, l’istituto aveva avuto diversi giorni per prepararsi all’accoglimento delle domande. Ma il tempo, in questo caso, non ha portato buon consiglio.
Comunque, ciò che più ci ha stupito sono state le giustificazioni addotte.
Da un lato, si è già accennato, i numeri elevati. Il presidente dell’ente ha parlato infatti di “cento domande al secondo” come di un numero esorbitante. Ci piacerebbe sapere se la pensa allo stesso modo Mark Zuckerberg: Instagram ha oltre un miliardo di utenti e meno di mille dipendenti. L’INPS (solo) quasi 26000.
Ora, che un sito istituzionale che da giorni si preparava - o si suppone si preparasse – a cinque milioni di richieste, vada in crisi per trecentomila, sarebbe già abbastanza ridicolo.
Eppure, a farci ridere, di un riso ancor più amaro, è soprattutto la seconda motivazione.
È pazzesco infatti, come il presidente Tridico abbia colpevolizzato gli hacker russi.
Invece di chiedere scusa e cospargersi il capo di cenere per una gestione scandalosa della situazione, l’istituto individua un nemico invisibile. Quello più facile da colpevolizzare.
D’altronde, il dirigente che si occupa dei servizi informatici dell’INPS dichiara nel suo Cv di avere una “buona conoscenza dei principali browser di internet”. Ci viene il dubbio che non sia sufficiente.
Comme d'habitude, le nostre istituzioni pubbliche, quindi, non hanno perso occasione per dimostrarsi non all’altezza (e questo, ahinoi, non è l’unico caso recente).
Fortuna ha voluto, però, che in soccorso del nostro sventurato istituto nazionale sia giunto il sito di streaming di contenuti pornografici Pornhub. Dunque, questa volta più delle altre, possiamo ben dire: “è proprio andato tutto a puttane”.
Alla fine, lo ricordiamo, non sono arrivate le dimissioni – figuriamoci – ma neppure uno straccio di scusa, da parte di nessuno. E i soldi ancora non si vedono.
Non ci meritiamo tutto questo.
[1] (anno di fondazione della Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia degli operai, ente da cui deriva l’attuale Istituto)
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