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  • Immagine del redattoreMilton Friedman Society

Crisi e calmieraggio: dal cancelliere Ferrer al commissario Arcuri

Aggiornamento: 8 dic 2020

di Alberto Carrara.


1) Provvedimento Arcuri su mascherine

Il 26 aprile il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha comunicato in conferenza stampa le misure per il contenimento dell'emergenza Covid-19 nella "fase due”. Tra le varie iniziative Conte ha annunciato la firma da parte del commissario straordinario Domenico Arcuri dell’ordinanza che fissa a un massimo di 0,50 euro senza Iva il prezzo delle cosiddette mascherine chirurgiche.

2) Calmieraggio ed esempi storici

Con questa misura ci troviamo davanti a uno dei tanti esempi di calmieraggio in tempi di crisi. In cosa consiste il calmieraggio? Esso avviene quando un governo decide di fissare un tetto massimo al prezzo di vendita di un bene, solitamente di prima necessità, per limitarne le speculazioni e fare in modo che sia accessibile a tutte le fasce della popolazione.

Il governo Conte non è di certo il primo a prendere certe decisioni e la storia ci offre una moltitudine di paragoni.

Uno dei primi esempi storici sul terreno nazionale fu la lex frumentaria di Gaio Sempronio Gracco, tribuno della plebe a Roma dal 123 al 121 a.C. Con questa lex, l’erario si occupava di acquistare grano in Sicilia e Asia per poi rivenderlo a Roma a prezzi molto inferiori. Il provvedimento venne accolto con giubilo dai populares e con scetticismo dagli optimates, i quali temevano servisse solo ad aggraziarsi la plebe. Esso causò in qualche anno la caduta del prezzo del grano sull'intero mercato nazionale e portò Silla a sospenderlo. Gaio Gracco fu solo il primo esempio del cosiddetto panem et circenses, modo in cui Giovenale descrive nella Satira i metodi demagogici di chi governava assicurandosi il consenso popolare con distribuzioni di grano e organizzazione di grandiosi spettacoli pubblici.

Un altro celebre esempio fu la rivolta del pane raccontata da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Nel biennio 1627 – 28 maltempo e devastazione umana della terra per via della guerra avevano causato una penuria di grano e quindi una carestia. Essa aveva portato a un ingente rincaro del prezzo di grano e pane esasperando il malcontento del popolo, il quale credeva che il esso fosse dovuto all’avarizia di proprietari terrieri e fornai. Il gran cancelliere di Milano Antonio Ferrer decise quindi di fissare un calmiere sul prezzo del grano a meno della metà del prezzo di vendita in quel momento. Il popolo affamato esultò e accorse in massa ai forni ma dopo qualche settimana le riserve di grano erano al limite e la revoca del calmiere fu inevitabile. Questo causò il famoso tumulto dell’11 novembre narrato nel capitolo XII in cui il popolo assalì e distrusse i forni della città. Manzoni commenta gli avvenimenti con spiccata ironia: "la moltitudine aveva voluto far nascere l'abbondanza col saccheggio e con l'incendio" mentre "il governo voleva mantenerla con la galera e con la corda". È importante notare che la visione dell’autore non deriva solamente dalla sua figura di scrittore, ma anche dal suo ruolo di possidente terriero dedito all’agricoltura e conoscente delle dinamiche di domanda-offerta.

3) Critiche ad Arcuri

Tornando ai giorni nostri, le critiche all’ordinanza firmata dal commissario Arcuri non sono tardate ad arrivare e hanno fatto emergere tre problemi principali. Le prime sono arrivate dalle assciazioni di farmacisti, i quali hanno lamentato il fatto di aver pagato le mascherine ben più di 50 centesimi e di aver dovuto bloccare nuovi ordini per non registrare perdite. La conseguenza è che svariate farmacie ne hanno temporaneamente sospeso la vendita per evitare perdite o sanzioni. Solo dopo qualche giorno il commissario ha comunicato il raggiungimento di un accordo per garantire la fornitura a farmacie e parafarmacie e definire “forme di ristoro” alle suddette per evitare perdite.

Il secondo problema riguarda supermercati e altri rivenditori. Molti di essi, come le farmacie, avevano già acquistato una fornitura di mascherine a prezzi superiori ai 50 centesimi. Questo ha portato il Gruppo Crai, che unisce brand tra cui Crai, IperSoap, Saponi e Profumi ecc., a ritirare dalla vendita le mascherine chirurgiche per non venderle ma un prezzo inferiore al loro costo di acquisto. Federdistribuzione e Acnd Conad si sono aggiunte alla polemica chiedendo la stessa copertura dei costi garantita alle farmacie e avvertendo che altrimenti il prodotto non verrà più offerto ai clienti.

Il terzo e ultimo problema coinvolge i produttori, specialmente quelli che hanno riconvertito la loro produzione verso le mascherine per fronteggiare l’emergenza. Una imprenditrice toscana racconta di aver risposto all’appello della Camera di Commercio e di aver ricevuto l'autorizzazione dopo tre settimane di trafile burocratiche. Ora però vendendole al prezzo calmierato non rientrerebbero neanche nei costi della forza lavoro. Questa situazione accumuna svariati casi come quello citato ma anche piccoli produttori che fronteggiano inevitabilmente costi maggiori e non possono rivaleggiare con i produttori asiatici.

Infatti, perfino la Protezione civile le ha pagate una cifra più alta di €0,50 nonostante l’acquisto diretto e gli alti volumi. Analizzando i dati sui contratti di acquisto dei dispositivi di protezione individuale emerge che la giapponese Tokyo Medical Consulting ci ha venduto 260mila mascherine a €1,67. Non esattamente un prezzo competitivo.

4) Conseguenze

Ricapitolando questa vicenda, il governo ha fissato arbitrariamente il prezzo di un dispositivo il cui utilizzo è obbligatorio per legge negli spostamenti. Prima ha danneggiato i principali distributori al dettaglio, i farmacisti, ma una volta realizzato il problema ha rimediato andando a ripianare eventuali perdite. In seguito, ha danneggiato i secondi maggiori distributori al dettaglio, i supermercati, questa volta senza aver però ancora annunciato integrazioni economiche. Infine, ha danneggiato i produttori italiani che avevano deciso di riconvertire la produzione per tenere le proprie aziende in piedi. Tutto questo andando poi ad acquistare mascherine a prezzi superiori a quelli fissati anche fuori dal paese. Le evidenti conseguenze di questa ordinanza saranno danni lungo tutta la filiera, una minore produzione e distribuzione nazionale che creeranno enormi rischi di scarsità del bene e speculazioni sulle rivendite del prodotto che non mancano mai in questi regimi di prezzo. Il commissario Arcuri si è limitato a commentare così: «Avrei tanta voglia di parlare dei liberisti che dai loro divani, tra un cocktail e un videomessaggio, emettono sentenze quotidiane, ma non lo farò».

Non può allora mancare un appello fatto con uno spritz in mano: non sarebbe convenuto dare incentivi alle aziende italiane, anche quelle più piccole o che si sono riconvertite, per produrre mascherine a costi minori e nel mentre distribuirle gratuitamente alle fasce più bisognose? Con questo sistema rischiano di rimanere senza mascherine tutti, liberisti sul divano e non.

P.S.

Meritano una menzione d’onore in questo articolo le conseguenze del calmieraggio dei prezzi dei funerali, ma per questo vi rimando a questo articolo:


5) Bibliografia

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