By Marco Locci
Internet, come sappiamo, ha rivoluzionato molti aspetti della vita sociale, e di conseguenza ha apportato cambiamenti anche nel mondo della politica. È cambiato il modo in cui i partiti si rivolgono ai cittadini, il modo in cui gli elettori scelgono i propri rappresentanti, la comunicazione è diventata molto più diretta e decisamente più intensa. Oltre ai metodi, sono poi cambiati anche i contenuti sui cui la politica punta. Oggi vediamo infatti un trend a livello nazionale ed internazionale di movimenti fondati in qualche modo su modelli di rappresentazione politica più partecipativa e sempre più tendenti ad una qualche forma di democrazia diretta. Un modello, dunque, secondo cui è il cittadino stesso ad esprimersi sulle scelte da compiere, e non più a scegliere un rappresentante che agisca al suo posto. Un modello che in effetti è esistito nella storia, in alcune polis dell’antica Grecia, e che è stato poi abbandonato a favore della attuale democrazia rappresentativa.
Internet è fondamentalmente lo strumento che a tutti gli effetti ci permetterebbe, fin da oggi, di attuare un modello che consenta ad ogni cittadino di votare ed esprimersi direttamente su ogni questione che riguardi il governo del paese. L’aspetto logistico di una consultazione popolare “perpetua”, forse principale ostacolo che 50 anni fa ci avrebbe impedito di riorganizzare il processo democratico in forma diretta, è decaduto grazie ad internet. Un esperimento in questa direzione, in Italia, è stata la piattaforma Rousseau del Movimento 5 stelle, con tutti i limiti del caso.
Allora diventa doveroso chiedersi se non sia in effetti auspicabile una transizione verso la democrazia diretta, o quantomeno un ripensamento della democrazia verso una forma più partecipata. È doveroso analizzare se, oltre all’aspetto logistico, la democrazia indiretta comporti o meno qualche altro beneficio o se sia invece tendenzialmente trascurabile e dunque abbandonabile. In questa analisi è doveroso considerare la distinzione tra rappresentanza politica e mandato imperativo, essenziale per comprendere la differenza fondamentale tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta. I rappresentanti, infatti, prendono decisioni agendo nella dicotomia tra mandato imperativo (ovvero votare secondo la volontà degli elettori), e rappresentanza politica (ovvero votare secondo il proprio giudizio, valutando con le proprie competenze al fine di perseguire l’interesse degli elettori stessi).
Mentre per quanto riguarda le scelte basate sul mandato imperativo si potrebbe, quantomeno a livello di principio, eliminare lo “step aggiuntivo” della rappresentanza per consentire ai singoli cittadini di esprimersi direttamente, la democrazia diretta eliminerebbe completamente il rapporto di agenzia alla base, invece, della rappresentanza politica. Ovvero il concetto secondo cui l’elettore si avvale del rappresentante non in quanto tramite, ma in quanto agente, che persegue l’interesse del rappresentato utilizzando competenze e conoscenze che lo stesso rappresentato non possiede. È infatti assurdo pensare che ogni cittadino abbia la formazione ed il tempo necessario per informarsi adeguatamente e svolgere direttamente le funzioni che oggi deleghiamo ai nostri rappresentanti. Banalmente, ogni cittadino si specializza in un percorso lavorativo differente che sceglie di intraprendere, e nella maggior parte dei casi questo non include le competenze necessarie alla valutazione di politiche complesse che riguardano il governo del paese. Proprio per questo abbiamo deciso, storicamente, di affidare tutto questo lavoro a persone che ne abbiano le competenze adeguate e che lo svolgano professionalmente.
Ciononostante, oggi vediamo una tendenza importante da parte di partiti e movimenti politici ad “imitare” la democrazia diretta con una tendenza al mandato imperativo “assoluto”. Questa idea persegue una semplificazione errata del processo politico secondo cui, dunque, il rappresentante esegue sempre semplicemente le volontà del rappresentato, eliminando ogni rapporto di agenzia e valutazione professionale. In questo modo si favorisce la percezione, per gli elettori, che si possa effettivamente fare a meno dei rappresentanti stessi. Ma così non è, le soluzioni a problemi complessi sono esse stesse complesse e non sono riducibili ad una semplice consultazione popolare.
Ciò detto, è certamente vero che il digitale possa apportare migliorie anche importanti e radicali al nostro processo politico. Internet può effettivamente favorire nuovi e migliori modelli di partecipazione attiva dei cittadini, senza necessariamente svilire il concetto alla base della rappresentanza. È necessario comprendere e riconoscere il valore delle competenze dei delegati, e sfruttare i benefici che il rapporto di agenzia presenta, tramite il quale si possono effettivamente raggiungere soluzioni alle istanze che la cittadinanza esprime, senza che sia la cittadinanza stessa a doversene occupare direttamente. Per questo non è necessario opporsi ad un cambiamento che sta avvenendo e, auspicabilmente, avverrà e che porterà ad una maggiore partecipazione popolare nella gestione della cosa pubblica, senza tuttavia annullare gli aspetti positivi di rappresentanza che il modello attuale ci offre.
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